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7 novembre 2014

Marco Aime: Una bella differenza


Era la prima lezione del corso di "Fondamenti Antropologici dei Diritti Umani".
La nostra docente ci aveva appena finito di illustrare il programma e indicato i testi da studiare, quando sulla cattedra sparse circa una decina di libri consigliandoci di leggerli per nostro puro piacere. Alcuni non c'entravano davvero niente con l'oggetto del corso, infatti il fine non era quello dell'esame, ma servivano a farci aprire maggiormente la mente e a riflettere.

Ragion per cui apprezzai tantissimo la sua idea e scelsi di leggerne diversi.
Quello che però mi colpì di più fu "Una bella differenza" di Marco Aime.
Marco Aime è un antropologo e scrittore italiano. Insegna antropologia culturale all'università di Genova, ha condotto diversi studi sull'Africa e le Alpi e ha compiuto molti viaggi in Paesi extraeuropei. Ha anche vinto due premi: il Premio Chatwin e il Premio Albatros con il libro di racconti "Taxi Brousse".

"Una bella differenza" è un saggio adatto a tutte le età, in cui Aime trascrive le conversazioni che ha fatto con le sue nipotine Chiara ed Elena, alle quali racconta dei suoi viaggi, risponde alle loro curiosità, spiega le differenze di usi e costumi dei diversi popoli del mondo e fa dei giochi. In poche parole disquisiscono sull'antropologia in modo molto semplice, ma talmente efficace da poter portare il lettore ad una bella riflessione.
Una sorta di breve e portatile corso, molto piacevole, di antropologia culturale, in grado di scardinare tante vecchie ed errate credenze e capace anche di fare capire con una semplicità disarmante, quanto sciocco sia il razzismo. Perché si, ci possono essere differenze fisiche e culturali, ma nessuno è inferiore o superiore a qualcuno.
Il razzismo vieta di amare e accettare il prossimo solo perché non è uguale a noi, e le diversità che non si comprendono e conoscono generano paura.

Cosa succederebbe se, un giorno, guardassimo a noi da altre prospettive, come se fossimo estranei alla nostra cultura? Sono certa che si scorgerebbero cose alquanto bizzarre e alcune anche molto fastidiose. Ma conoscendo bene le nostre usanze e i nostri costumi, finiremmo per accettarle perché fanno parte di noi e non ci disturberebbero più, in quanto le troveremmo normali.

Ma quando le cose riguardano gli altri, la "musica" cambia. Non si conoscono le motivazioni dietro alcuni comportamenti, ma si giudica. Di continuo. Mettendo etichette e classificando come "non normali" le cose che non rientrano nelle nostre abitudini.

Ma basta fermarsi un attimo a riflettere sul concetto di normalità per capire quanto tutto sia relativo. Un esempio anche assurdo? In una spiaggia in cui tutti mettono il cappotto, chi è quello anormale: quello con il cappotto o quello con il costume da bagno? Di certo non è quello con il cappotto, per quanto bizzarro possa apparire agli occhi dell'uomo con il costume.

Chi ha il diritto, onestamente, di stabilire cosa sia e cosa non sia normale?
Sono certa che se pensate alla vita di tutti i giorni, riuscirete a scorgere anche solo una piccola cosa per la quale vi siete sentiti definire "strani" o "non normali" o, addirittura, "pazzi". E quando succede, non accade forse perché quella tale persona non conosce i motivi o ciò che si nasconde dietro un vostro comportamento o modo di essere? 
A me accade sempre con il mio essere vegana: chi non conosce il veganismo (ma anche semplicemente il vegetarianismo), inizia a darmi addosso, neanche gli stessi rubando il cibo dal frigorifero. (Ovviamente non faccio di tutta l'erba un fascio. Chi ha una mente aperta adotta un altro tipo di atteggiamento: quello della comprensione e del rispetto.)

So che vi starete chiedendo questo cosa c'entri con il libro... be'...c'entra, perché quello che voglio farvi capire è esattamente questo: quando non si conosce e si dà modo ai pregiudizi di chiuderci la mente, non si va in nessun luogo positivo. Si piomba in sentimenti negativi quali l'intolleranza, la rabbia e addirittura l'odio.

Bisogna sempre capire che dietro i comportamenti di ciascun essere umano c'è sempre una ragione, e prima di giudicarlo perché non uguale a noi, bisognerebbe conoscere e comprendere queste motivazioni.

Se leggerete questo libro, capirete che i termini "conoscenza" e "comprensione" sono basilari, così come lo è il termine "rispetto". Sono certa che a nessuno di noi piacerebbe essere giudicato a priori o non essere accettati per ciò che si è. Perché è questo che fa l'antropologia: mostra i tratti sommari dell'identità di ciascun popolo, te li presenta, ti ci fa fare amicizia e ti fa anche scoprire quanto siano belle le diversità e quanta ricchezza si celi in esse.

Questo libro regala gli strumenti giusti per osservare in mondo con occhi diversi e critici. Dove per "critico" non intendo "giudice", ma "riflessivo".

Lo consiglio davvero a tutti. A grandi e a piccoli, in quanto è il dialogo di due bambine con il proprio zio ed è realmente alla portata di tutti. Quante curiosità scoprirete!!! Si legge in una giornata.

Chi di voi lo ha mai letto?

Vi lascio a un estratto del libro che io letteralmente adoro.

A presto,

Stefania




"- Adesso facciamo un gioco che mi ha insegnato Orazio, un mio vecchio amico.
- Bello, dai!
- Io ora vi racconto alcune usanze di una popolazione e voi mi dite cosa ne pensate. Va bene?
- Si, racconta.
- Allora questa popolazione di cui vi parlo si chiama Inailati e vive in un paese lungo e stretto, bagnato dal mare. Come tutte le popolazioni ha usanze tradizionali che, viste da altri, spesso sembrano piuttosto bizzarre. Per esempio, gli Inailati pensano che il loro corpo sia brutto e ogni giorno perdono un sacco di tempo per cercare di renderlo più bello. Per farlo non hanno paura di sottoporsi a prove dolorose: gli uomini non temono di scorticarsi la faccia tutte le mattine, senza lanciare un urlo, con un attrezzo che chiamano oiosar, mentre le donne, più coraggiose, si sottopongono a torture anche peggiori, come infilare la testa in una specie di piccolo forno o farsi strappare i peli del corpo. Le donne degli Inailati poi amano dipingersi il viso con delle polveri e colorarsi la bocca con una specie di pastello che chiamano ottessor.
- Ma davvero fanno queste cose?
- Certo, e non solo queste! Pensate che a volte, per le strade delle loro città, capita di vedere alcuni di loro camminare, legati con delle piccole corde a degli animali. A dire il vero non si capisce bene se sono loro a guidare gli animali oppure se sono gli animali a portare le persone. E' una cosa che non è stata ancora chiarita. A volte tagliano il pelo a questi loro animali, ma quando viene l'inverno, comperano dei cappottini per proteggerli.
- Ma sono proprio strani! Perché fanno così?
- Ogni popolo ha le sue usanze, ve l'ho detto. Gli Inailati hanno una tradizione che si chiama oroval. Oroval significa che devi fare la stessa cosa tutti i giorni, per tutta la vita. Grazie all'oroval, gli Inailati ottengono degli idlos, piccoli foglietti di carta colorata con i quali si può avere da mangiare. Ogni Inailato cerca di accumulare il più possibile idlos, per ottenere oggetti che gli fanno risparmiare tempo. Con il tempo risparmiato potrà dedicare più tempo all'oroval, avere più idlos per comprare più cose che gli faranno risparmiare tempo e avanti così.
- Ma non sono mica tanto furbi!
- Cosa ci volete fare? La loro tradizione è così. A volte vedi un gruppo piuttosto grande di Inailati e tutti parlano in continuazione. Se ti avvicini, ti accorgi che tutti parlano dentro delle piccole scatolette che chiamano iralullec e nessuno parla con le persone che sono vicino a lui.
- Ma perché fanno così?
- Lo so che può sembrare strano, ma come vi dicevo a volte ciò che fanno gli altri ci appare bizzarro. Pensate che costruiscono delle specie di carri, che chiamano otua. Questi carri possono andare fortissimo, però poi sulle loro strade non si può andare così forte, è vietato. Loro però continuano a costruire otua velocissime e a spendere un sacco di idlos per acquistarle...
- Mah, non li capisco.
- Zio, ma avevi detto che questo era un gioco.
- E infatti lo è. Ora dovete scoprire di che popolazione si tratta.
- E come si fa? Mica conosciamo tutte le popolazioni del mondo!
- Chissà dove vivono quelli lì...
- Adesso vi svelo il trucco...
- Dai!
- Volete sapere di che popolazione stiamo parlando? Provate a leggere Inailati al contrario... 
- I t a l i a n i... Italiani! 
- Ma allora quelli lì siamo noi? 
- Provate a leggere al contrario anche oroval, idlos, iralullec, otua..  
- Lavoro, soldi, cellulari, auto...  
- Ecco, ora provate a ripensare a quello che avete sentito e vedrete che sono cose che facciamo o vediamo fare tutti i giorni qui da noi.  
E dire che sembravamo così strani... -"
(Lo scherzo di Orazio)

2 commenti:

  1. Ciao Stefania, ammetto che non conoscevo proprio il libro così come l'autore ma da come lo hai descritto sembra veramente interessante! Il fare domande e ricevere risposte dai bambini mi ha sempre incuriosita :) incredibile quali risposte sono in grado di fornirci i piccoli nella loro innocenza!

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    Risposte
    1. Ciao Cristina,
      hai proprio ragione: nella loro innocenza danno delle risposte ricche di saggezza. :D
      Secondo me, potrebbe piacerti!! :)
      Un abbraccio

      Elimina

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